Dopo poco più di vent’anni dal “Processo di Bologna” (riforma internazionale dei sistemi di istruzione superiore dell’Unione europea), che ha dato forma attraverso una serie di riforme all’attuale assetto dei corsi di laurea istituiti in Italia, l’Università e gli Ordini professionali hanno l’opportunità di riflettere congiuntamente col fine di incrementare la qualità dei rispettivi ambiti di competenza rispetto alla professione dell’architetto, condividendo e collaborando su iniziative di reciproco interesse.
Sulla base di stime a campione risulta che soltanto una percentuale che non supera il 10% dei laureati romani (soprattutto triennali) negli ultimi cinque anni si è iscritta all’OAR: ciò è dovuto al rapporto fra il numero dei laureati, le opportunità di lavoro offerte dalla città di Roma e la presenza di infrastrutture per i giovani. Bisognerebbe invertire il trend rendendo attrattiva Roma anche per i giovani studenti e gli architetti stranieri, inserendo OAR, in sinergia con la municipalità, dipartimenti universitari di architettura (design, disegno, progettazione, restauro, storia, strutture, tecnica, tecnologia e urbanistica) nella già attiva (forse troppo esclusiva e autosufficiente) rete delle accademie straniere e delle università straniere con sede a Roma (più di cinquanta), attivando un corposo e articolato “Rome program” sia per gli studenti che per i giovani professionisti che intendano fare esperienze di traineeship presso OAR, le Pubbliche Amministrazioni, le Università, i Musei e le Soprintendenze.
Il dialogo tra Università e Ordini Professionali si rende ancora più necessario e fondamentale a seguito della recente approvazione alla Camera del disegno di legge “Disposizioni in materia di titoli universitari abilitanti”. L’obiettivo della riforma, da quanto riportato sul sito della Camera, è quello di “trasformare la discussione della tesi di laurea nella sede di accertamento delle competenze tecnico-professionali che abilitano all’esercizio della professione, consentendo così al neolaureato di esercitare subito la professione stessa, senza dover attendere i tempi del superamento dell’esame di Stato”.
Assistere alle sedute dell’Esame di stato per Architetto permette di constatare che gli studenti neo-laureati sono soliti affrontare la prova come passaggio indispensabile per l’iscrizione all’Albo acquisendo spesso nozioni ad hoc, senza che queste siano state sedimentate o integrate alle conoscenze acquisite entro l’esperienza di studi svolta all’università che, in Italia, per sua natura non è un percorso professionalizzante, non è un’accademia, ma ha altri riferimenti istituzionali storicamente radicati in altre tradizioni.
Risulterebbe molto utile, quindi, introdurre nel curriculum universitario (degli ultimi anni) un pacchetto di corsi di studio “professionalizzanti” (costruzioni, edilizia, urbanistica e deontologia professionale) opzionali o obbligatori, tenuti da esperti invitati (professionisti o funzionari della Pubblica Amministrazione) che introducano gradualmente i laureandi, futuri professionisti, ad acquisire conoscenze orientate a sostenere la prova dell’esame di stato, con consapevolezza e maturità, facendo sedimentare gli studi e stimolare le vocazioni personali.
Parallelamente, gli studenti universitari (inclusi dottorandi e post-doc) potrebbero conseguire crediti partecipando all’organizzazione delle attività stesse dell’Ordine (ad esempio come borsisti del futuro eventuale Urban Center), a corsi per gli iscritti sui temi di deontologia, oppure conseguire un numero di crediti entro convenzioni stabilite fra Università e Ordine che riguardano ambiti emergenti e sperimentali della professione, che renderebbero più competitivo l’accesso sul mercato del lavoro: gli aspetti della sostenibilità (energetica, ambientale, economia circolare), gli strumenti digitali (BIM, HBIM, postproduzione, grafica, portfolio), le competenze in materia di lavori pubblici, sicurezza, appalti, gestione e contabilità. Conseguire gli aggiornamenti, le certificazioni e le qualifiche a costi più accessibili allargherebbe, inoltre, la base degli iscritti partecipanti ai corsi e renderebbe i costi dei corsi più sostenibili per gli organizzatori; di rimando, ciò sarebbe a favore degli iscritti che usufruirebbero così di corsi e/o cicli di corsi di alta qualità, completi e aggiornati, formulati in collaborazione tra Pubblica Amministrazione, Università, Ordine.
Si potrebbero integrare le informazioni acquisite da Università e Ordine su piattaforme web dedicate a tirocini e career service, come Job Soul, offrendo agli iscritti e agli studenti italiani e stranieri un servizio in grado di monitorare le opportunità professionali, i tirocini brevi, e che supporti gli stessi per la costruzione del portfolio nei contenuti, nella forma e per quanto attiene la “presenza” sul web. Ciò permetterà anche all’Ordine di aggiornare un database degli iscritti e di favorire occasioni e opportunità professionali.
Se tutto quanto detto porterà anche all’attivazione di lauree professionalizzanti, ciò sarà valutato nelle sedi opportune, ponderando e razionalizzando le risorse già disponibili, evitando di proporre formule non finanziabili e i cui effetti sarebbero verificabili solo dopo vent’anni senza incidere nell’immediato, confrontandosi con le esperienze praticate in altre realtà professionali europee ed extraeuropee, compatibili con il sistema professionale ed universitario italiano. L’attuale discussione sui titoli universitari abilitanti per i corsi di laurea in architettura, sollecitata come detto sopra dal Disegno di Legge che ha riguardato in prima istanza la laurea abilitante in medicina e chirurgia, farmacia e psicologia, richieste dagli ordini e collegi professionali dopo i primi mesi dell’emergenza sanitaria COVID-19, deve tenere conto che le suddette discipline mediche già prevedevano all’interno dei loro ordinamenti didattici un significativo numero di tirocini interni alle strutture ospedaliere. L’occasione di pensare ad una laurea abilitante in architettura è un’ulteriore opportunità di riflessione complessiva sullo stato dell’arte, sia della formazione che della professione; in entrambi i casi si registra una condizione di affaticamento nella gestione delle procedure dovuta al sovrapporsi negli anni di norme e burocrazia, che non hanno inciso sulla qualità generale dell’esercizio della professione e della formazione dell’architetto e dei loro rispettivi effetti sulla società civile.
L’Ordine, in collaborazione con l’Università, dovrebbe sollecitare l’acquisizione di competenze e aggiornamento sugli aspetti più specificamente imprenditoriali, per chi fra gli iscritti intenda avviare un percorso professionale proiettato verso la dimensione innovativa artigianale e industriale (start-up, brevetti, ecc.).
Occorre discutere complessivamente e congiuntamente (Università e Ordini professionali) dello stato dell’arte e dei nuovi (eventuali) orizzonti professionali dell’architettura, ascoltando le osservazioni e le proposte di tutti gli attori coinvolti, per integrare (per quanto è possibile) l’attuale curriculum formativo dell’architetto dei crediti necessari per corrispondere alle esigenze attuali del mercato professionale.