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Chiarezza sulle norme!!!

Ultimamente si sta diffondendo una poco chiara interpretazione delle Leggi che regolano il nostro ordinamento.

Riteniamo opportuno fornire alcuni chiarimenti, iniziando dalla “GERARCHIA DELLA NORMATIVA ITALIANA”:

La legislazione nazionale è ordinata secondo una precisa gerarchia:

0) COSTITUZIONE ITALIANA

1) NORME DI PRIMO LIVELLO:

  1. Legge
  2. D.P.R. – Decreto del Presidente della Repubblica
  3. D.Lgs. – Decreto Legislativo
  4. D.L. – Decreto Legge (emanato dal Governo -temporaneo: decade dopo 60 gg se non convertito in Legge – emanato solo per questioni a carattere di urgenza)

2) NORME DI SECONDO LIVELLO:

  1. D.M. – Decreto Ministeriale (Emanato dai Vari Ministeri)
  2. D.P.C.M. – Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
  3. D.C.I. – Delibera Comitato Interministeriale

3) NORME DI TERZO LIVELLO:

  1. Circolari
  2. Interpretazioni
  3. Ordinanze

I D.P.R., quindi, SONO norme di Primo Livello, queste sono una raccolta delle norme che disciplinano una determinata materia, comunemente denominate TESTO UNICO (un esempio ne è il D.P.R. n° 380/2001 e s.m.i.), approvate con decreto del Presidente della Repubblica (D.P.R.).

La Costituzione detta le regole ed i principi fondamentali sui quali si basa la nostra Repubblica, cioè quei principi che devono reggere i rapporti fra cittadini e fra cittadini e lo Stato, nonché i rapporti politici ed economici.

Alla Costituzione devono conformarsi tutte le altre norme previste dalle fonti di grado inferiore; se queste ultime risultano in contrasto, vengono dichiarate illegittime dalla Corte Costituzionale ed eliminate dall’ordinamento giuridico. LE NORME REGOLARMENTE EMANATE E NON DICHIARATE ILLEGITTIME DALLA CORTE COSTITUZIONALE SONO VIGENTI E DEVONO ESSERE RISPETTATE!!!

IL DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 8 luglio 2005, n. 169, recante il Regolamento per il riordino del sistema elettorale e della composizione degli organi di ordini professionali (Pubblicato in G.U. Serie Generale n.198 del 26-08-2005), è entrato in vigore in data 26/8/2005, ben 12 anni fa!!!

Ci sono candidati alle elezioni degli Ordini che eccepiscono, nel D.P.R. n° 169/2005, caratteri di illegittimità costituzionale (e se ne sarebbero accorti dopo 12 anni dalla promulgazione della norma?!?!?!) in quanto, lo stesso, si porrebbe in contrasto con i dettami dell’art. 51 della Costituzione.

Premesso che, se così fosse, l’illegittimità deve essere eccepita davanti alla Corte Costituzionale e che fino al suo pronunciamento la norma rimane legittima e quindi DEVE ESSERE RISPETTATA, andiamo ad analizzare cosa prescrive, in realtà, il richiamato art. 51 (Parte I – Diritti e doveri dei cittadini, Titolo IV – Rapporti politici), della Costituzione:

“Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge [ovvero secondo limiti prescritti!!! cfr. artt. 56 c. 358 c. 284 c. 197 c. 3104 c. 4106135 cc. 1, 2, 6XIII c. 1]. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini.

La legge può, per l’ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica.

Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro”. Testo normativo tratto dal sito vedi link

In particolare, la legge costituzionale detta requisiti di eleggibilità sia positivi che negativi. I primi indicano ciò che il soggetto deve possedere per essere eleggibile (ad esempio la cittadinanza italiana, l’età), i secondi ciò che non deve possedere a tale scopo (ad esempio aver superato il massimo dei mandati consecutivi!!!). In relazione a questi ultimi, particolare importanza rivestono le categorie dell’ineleggibilità, dell’incompatibilità e della più recente incandidabilità.

  • L’ineleggibilità indica l’assoluto contrasto tra una carica ed un ufficio ricoperto e se sussiste rende nulla l’elezione.
  • L’incompatibilità impedisce che due cariche possano coesistere nel medesimo soggetto, cui è imposto di scegliere.
  • L’incandidabilità matura per coloro che riportano condanne definitive per specifici reati o con pene superiori a determinate soglie. Infine, si consideri che è necessario che il soggetto non sia stato privato del diritto di elettorato attivo perché in questo caso viene meno anche quello passivo (ovvero, i sospesi non hanno diritto di voto).

Pare, quindi, quantomeno pretestuoso asserire che la Ratio Legis dell’art. 51 è quella di garantire, senza alcun limite, la possibilità di candidarsi … il limite ai mandati introdotto dal D.P.R. n° 169/2005, in realtà, nasce proprio per garantire le condizioni di uguaglianza di accesso, quindi nel pieno rispetto dell’art. 51. Non costituisce un impedimento all’accesso ad una carica ma, di fatto, impedisce l’abuso della posizione di potere che nasce dall’occupare quella carica a tempo indeterminato, impedendone, di fatto, l’accesso ad altri.

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